lunedì 24 novembre 2014

Conversazione con Gianfranco Setzu / artista e designer

Intervisto Gianfranco Setzu dopo alcuni anni dal nostro primo incontro. Ci incontriamo in chat. Trascrivo la conversazione così come è avvenuta, inserendo qua e là, più per vezzo che altro, alcuni passaggi.
Ultimamente il lavoro di Setzu si basa sull'idea d’intimità nei social network. Ad esempio in “Intimity” il protagonista è Drop, una goccia di liquido indefinito, il prodotto finale di emozioni e sensazioni. 
Morfologicamente ha una certa somiglianza con il puntatore di Google Maps, a me ricorda Mr. Dob il topolino con sembianze stilizzate di Murakami. L'operazione di Setzu non è distante dalla medesima logica Pop, invasiva e liquida. E' solo una questione di dimensioni commerciali.
 Drop è un moderno emoticon da social network, simboleggia il singolo e l’idea di società di massa, gioca e ironizza su temi e logiche sociali. 
Per fortuna la connessione è lenta. Con Gianfranco non potevamo che conversare in chat!

INIZIAMO:
 A.R.C. Noi ci siamo conosciuti nel 2001 proprio in occasione di un'intervista su Ziqqurat, ripartiamo da allora. 
Per me eri un giovane artista sconosciuto, eppure già così interessante. Il tuo lavoro da allora è giustamente cambiato molto. Il medium dell' immagine è sempre lo stesso, ma si è asciugato, è più sintetico. Usavi le foto al fine di raccontare storie, lo fai anche oggi.
GF.S. Va detto che da quell' intervista c'è stata la Laurea, il Master in Domus Academy, la vita milanese, il lavoro al Man , insomma, un sacco di esperienze.
Comunque, sono d' accordissimo, meno retorica, fronzoli, meno sporcizie. Si è vero, il medium rimane “alla base” sempre fotografico. L' intento è sempre quello di far veicolare messaggi e idee. La foto è parte indispensabile di tutti i miei progetti, che partono sempre da scatti e immagini fotografiche, ma che decido sempre di asciugare con il segno grafico, che sento più congeniale al raggiungimento del mio scopo: comunicare.

A.R.C. Nel 2012 ti invitai a “In fila per due...” il tuo lavoro si chiamava “Intimity”, il protagonista era Drop raccontami di quel progetto?
GF.S. Il Drop è un gioco molto divertente. E’ nato con il desiderio di creare una stripe day by day. Ti racconto meglio.
David Hockney aveva una stripe day by day dove pubblicava, su FB e Twitter, i suoi bellissimi disegni fatti con l' iDap.
Ho trovato fosse geniale comunicare con quella velocità e immediatezza. Allora ho ideato un progetto che comunicasse la mia idea, in modo fresco e giocoso, senza essere stupidamente ancorati a retaggi o presupposti. Insomma FUN.
Ho ideato DROP: una gocciolina che somiglia al puntatore di Google Maps, ma con un espressione divertente, lineare e pulito, come una gocciolina. Tutti si divertono. E’ colorato e all' inizio sembra che non racconti nulla, se non il suo essere divertente. Oltre che su Fb e Twitter pubblicavo anche sul blog http://the-drop-project.tumblr.com/, bloccato su  I'm speechless: senza parole.



A.R.C. Raccontami cos'è la stiker invasion Dieter Rams?
GF.S. E’ un progetto di un paio di anni fa che ha avuto un buon successo internazionale.
Mi sento assolutamente legato alla lezione di design di Dieter Rams, uno dei padri del minimalismo e dell' interaction design.
Ho scoperto Dieter Rams in un numero di Domus, quando avevo 14 anni, sin da allora ho trovato che le sue parole fossero illuminanti, non solo nel design (che è la mia professione e passione), ma anche nella cultura che esprime ogni oggetto e immagine. Ho subito fotocopiato il Domus con suoi 10 dettami per un buon design, e da allora sono sempre con me.

A.R.C. Cosa diceva che ti ha così colpito?


Nel 2011 decido di dare a Diret Tams un senso nuovo e lo trasformo in uno stiker con una T-shirt bianca, super minimale che le persone per strada potevano personalizzare scrivendoci sopra cosa amavano.
Ho iniziato ad attaccarlo in giro dove andavo Milano, Londra, Zurigo e poi ho coinvolto amici e designer. Ha iniziato ad avere risvolti personali divertenti, perchè chiedevo a tutti di fare sharing dei loro stickers, e tutti hanno condiviso in FB. Comunque, è iniziato per passione.


A.R.C. Ne ho una a casa mia, nel mio salottino... l'ho avuto da Marcello.

GF.S. E non lo condividi ???
Ha affascinato Design Boom, il blog di design più importante al mondo, poi è stato pubblicato da ELLE Korea, poi mi hanno chiesto subito lo sticker per costumizzarlo, poi a New York da Vitsoe, un brand che produce un mobile di Dieter Rams. e poi molte altre pubblicazioni e mostre in giro !!!


A.R.C. Hai detto che hai iniziato nel 2011, lo sharing va ancora avanti?

GF.S. Il progetto non è finito, dove posso, ancora attacco i miei stickers e ripasso. Mercoledì scorso una ragazza polacca mi ha chiesto di pubblicare!!!

A.R.C. Come funziona? Io ne ho solo uno, come posso condividerlo? Spiegami, qualche lettore potrebbe aver voglia di fare sharing.
GF.S. Adesso fanno così: se vogliono partecipare, lo stampano lo completano e lo attaccano.
A me capita di lasciare gli sticker in giro. All' ultimo salone del mobile, alla mia mostra ne ho lasciati un po’ e sono spariti in un attimo !!!!

A.R.C. Quale mostra?
GF.S. Ho presentato la mia collezione "Almost useless", fra gli eventi del Fuorisalone, durante la DesignWeek, del Salone del mobile 2014.


A.R.C. In cosa consiste?
GF.S. Ecco il link per dare un occhiata ai progetti esposti: http://almost-useless.blogspot.it/2014/04/vanitas-felt-skull-di-gianfranco-setzu.html

Da designer ho sempre auto-prodotto i miei oggetti, sviluppando sempre colloqui interessanti e fruttuosi con aziende, su range di oggetti in edizione limitatissima, che avessero un forte impatto comunicativo e un forte background culturale. Da designer autorprodotto, mi trovo essere più MAKER, una sottocultura che si è sviluppata sopratutto in America e Inghilterra, che vede il designer non più solo ideatore , ma costruttore egli stesso degli oggetti, non con un ottica artigianale, ma usando lasercutting e stampanti 3D, caricandoli di valori aggiunti. Diverso dal concetto di artigianato, che si rifà a stilemi del passato. Proiettato nel futuro.


A.R.C. Quali sono i tuoi strumenti di lavoro?
GF.S Cerca tipologie di lavoro e di approccio ai materiali nuovo. Lavoro con il computer ed uso prevalentamente stampa, taglio laser e tampante 3D. Professionalmente sviluppo i progetti che posso seguire con attenzione e cura, essendo certo che in ogni parte del processo produttivo ci sia un forte apporto di valore aggiunto culturale. A esempio i tappeti.

A.R.C. Fammi un esempio di un progetto che hai particolarmente amato e che è ben riuscito anche per gli altri? Dimmi dei tappeti.
GF.S. Li ho progettati con il computer, secondo le mie logiche estetiche, e ho sviluppato il progetto a Samughero, con una bravissima tessitrice che ha fatto tutto a mano. Abbiamo scelto insieme come modulare i colori e la grossezza della trama. E’ un progetto di quest’anno. E’ stato bellissimo lavorare con gli artigiani, mi hanno regalato la loro visione e io ho giocato con i materiali e le forme, riuscendo a creare un tappeto sardo contemporaneo, fuori dagli schemi e dai clichè, anzi, che gioca con la cultura pop contemporanea. Pensa uno ha i brand di Louis Vuitton, Fendi e Gucci ... ma è un tappeto sardo!
La signora che tesseva, alla fine del lavoro ha visto il tappeto con i logo dei brand e ha riso un sacco. Alla fine lo voleva anche lei !!!!
A.R.C. Come è nata l'idea, da te o da loro?
GF.S. Tutto è nato da me. E’ autorpodotto, esposto fra gli eventi del Fuorisalone senza nessun contributo regionale e statale.
Ci sono anche le bellissime coccarde e i cuscini di Monica (Casu), anche i suoi autoprodotti e, bellissimi.
Monica è stata la guest designer dell' evento.

A.R.C. Raccontami l'incontro con la tessitrice...hai bussato alla porta e cosa hai detto? Voglio fare un tappeto pop con lei?
GF.S. No, era la mia compagna di corsia in piscina a Samugheo... strana la vita !!!

A.R.C. Ah ah bello! Raccontami
GF.S. Lo spazio No Name Space di Milano mi ha proposto un evento personale, e io ho deciso di sviluppare progetti che raccontassero anche la mia dimesione culturale sarda, e ho deciso di sviluppare con un tappeto e delle ceramiche. L’idea era che avessero una fattura artigianale, con l’apporto spiazzante e dissacrante del mio segno. Sui tappeti ho giocato con insetti, teschi e brand di moda; sulle ceramiche ho giocato sul trend di fotografare piatti di cibo e condividerli nei social media.

A.R.C. Quelli che da un po' di tempo caratterizzano il tuo stile...
GF.S. Sì, è vero, sono davvero dei richiami continui, ma sono onesto, e non faccio sofismi, mi piace giocare con la mass culture.

A.R.C. Dimmi delle ceramiche, dicevi?

GF.S. Le ceramiche si chiamano “INTAGRAMER”.

Su tutti i social media si postano foto dei piatti colmi di delizie ...comunque, le ceramiche, sono state tornite da una bravissima artigiana di Usellus, che ha seguito il mio progetto super basic (e qui torna Dieter Rams), su cui ho dipinto.
Sì, ho dipinto a mano, una damina che Hayez aveva fatto con un' aria malinconica, che sembrava piangesse nell' attesa di qualcosa.  L'ho ridisegnata con il mio tratto e le ho messo in mano uno smartphone, così la damina di Hayez ha lo smartphone e un “I like” di Instagram o Facebook; perciò il piatto e il bicchiere hanno la damina che aspetta cuoricini e manine con il pollice sollevato. A Milano è piaciuta un sacco!
Ovviamente ho già fatto la mia foto su Instagram con la damina e i maccheroni sopra !!!

A.R.C. E’ molto interessante il fatto che solo soletto stai coinvolgendo artigiani in un progetto di valorizzazione del lavoro tradizionale.
GF.S. Sì, è un pò folle e titanico ... ma non esistono istituzioni con cui colloquiare.
C'è sempre, in tutti i miei lavori la componente ironica, sarcastica e giocosa, mi piace che le persone che utilizzano i miei oggetti abbiano sempre uno spunto culturale.

A.R.C. Qual'è stato il tuo primo progetto di design?
GF.S. Avevo 18 anni , e ho progettato una lampada con un basamento scultoreo , ma con un forte taglio progettuale, ero ancora studente all' istituto d' arte, e il mio prof di allora decise di farlo partecipare al primo concorso “Nivola” di scultura. Ero proprio un pischello, e mi sono classificato benissimo. Ma da molto prima, il progetto e il design erano davvero la mia passione vitale, ma in quel momento sono diventati chiari a me stesso che la ricerca culturale dovesse orientarsi sull’oggetto.

A.R.C. E l'Accademia come è stata rispetto a questo tuo talento progettuale?
GF.S. L' Accademia mi ha dato infinite competenze culturali e di rabbia, rabbia è importante, ho avuto tante fortune ad incontrare docenti validissimi, ma anche a scontrarmi con sistemi che mi hanno dato coscienza,voglia e rabbia. Non si fa nulla se tutto va bene e tutto ti piace, è indispensabile avere un carattere deciso.
Poi ho fatto Domus Academy, a Milano. Ho avuto una borsa di studio ed ho mandato il mio curriculum a Domus Academy, che all' epoca era super seletiva e molto esigente, ho spedito i miei primi progetti, loro sono rimasti entusiasti. Figurati, mi hanno preso per giapponese, il mio cognome trae in inganno.


A.R.C. Sì, mi ricordo me lo raccontasti... Setzu -san.
GF.S. Loro hanno amato subito il mio design e mi hanno preso. Eravamo solo 3 italiani in una classe di 50.
Per me è stata una lezione di vita assoluta. E' stato una esperienza importante, ho avuto la fortuna di confrontarmi con tutti i designer che amavo con docenti come Andrea Branzi , De Lucchi, Marina Abramovic , Boroulec, Lissoni , Giovannoni è stata un’ esperienza fondamentale. Poi ho fatto l' assistente a Stefano Pirovano e poi è iniziata la mia avventura al Man, un’ altra importantissima lezione!
In quel periodo, era il 2004, spedivo dei piccoli progetti a diverse aziende e designer che mi piacevano, per creare un contatto, mi capitò di inviarlo anche al Museo Man, allora la direttrice era Cristiana Collu. Ci sentimmo e ci incontrammo a Nuoro, nacquero subito idee di collaboazione, per me è stata una grandissima lezione ed esperienza.

A.R.C. Di cosa ti occupavi? Della grafica?

All' inizio mi sono occupato del sito web, quello fighissimo con i cassettini, tutto bianco. Ha avuto un sacco di successo. 
Pensa che la settimana scorsa un designer mi diceva che se lo ricordava ancora. Ebbe subito un fantastico riscontro, poi feci la comunicazione per il museo Man su tutte le testate nazionali, e quello fu davvero dirompente, piacque a tutti con un forte riscontro, e poi mi venne affidata la comunicazione del dipartimento educazione.
Ideai un toy "omineddu mannu".
Un Natale mi venne chiesto di ideare un biglietto con quella linea grafica. Addirittura Giovanni Lilliu si complimentò!

www.behance.net  https://www.behance.net/gallery/17331931/OMINEDDU-MANNU-project-2004_2006-for-MUSEO-MAN-Nuor
 La collaborazione si chiuse a metà del 2006.


GF.S.  Monica e io abbiamo un blog ecco il Link: http://www.480u7.com/

GF.S. Grazie Anna.
A.R.C. ...di niente, ci sentiamo. Grazie a te.

A.R.C.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Ziqqurat n°5 intervista


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