lunedì 22 dicembre 2014

Corrispondenze - Stefano Serusi 22/12/14

Caro Stefano,
guardando “Caro a Nettuno” non ho pensato a Moretti, tanto meno ad un’interno. Il gioco di arcate mi faceva venire in mente tutt’altra sequenza. In realtà, le tue informazioni con il riferimento all’uovo massonico hanno chiarito ogni cosa.
Ti confesso che luoghi come la casa di Muti mi provocano un senso di claustrofobia e un certo patetitismo verso l’immaginario da cinema popolare, fatto di divi e dive all’amatriciana. Il pubblico che diventa privato, lo scippo di un’immaginario ad uso e consumo personale, mi da i brividi.
A proposito di architettura e artisti, l’ultima settimana di novembre mi sono casualmente imbattuta nella riapertura al pubblico, dopo un lunghissimo restauro, di Villa Argentina a Viareggio, e ho scoperto esserci delle tele di Biasi.
Nel salone interno al piano terreno è presente un grande trittico dipinto su tela: la tela più grande riveste un'intera parete, le altre sono alternate a specchi e ad una decorazione a stucco dorata che occupa pareti e soffitto. La tela principale raffigura un “Matrimonio persiano”. I dipinti sono presumibilmente del 1930, realizzati per i conti di Sant'Elia, allora proprietari. L’azione scenica si focalizza sul corteo nuziale che segue gli sposi seduti sul palanchino dell'elefante. I cortei nuziali erano un vero motivo ricorrente!
C’era tantissima gente, era veramente difficile fare una foto dignitosa con la mia macchinetta. Purtroppo le foto non rendono bene l’idea. Sono tornata la settimana scorsa, sperando di scattare qualche foto decente, ma avevano chiuso il cancelletto e posto dei dissuasori sulle soglie. Non potendo più accedere al salone, non ho avuto molta scelta nelle inquadrature, oltretutto, hanno sistemato delle torri luminose, che creano un orribile effetto flash. Ti mando quindi una foto trovata su internet.
Sono riuscita, però, a fotografare in maniera un po’ più decente la tela dell’ingresso che raffigura un gruppo di ragazze, probabilmente una scena precedente al corteo nuziale, una sorta di addio al nubilato.
Seguendo la logica sequenza dell’impianto iconografico generale, questa tela dovrebbe raffigurare la promessa sposa con le damigelle. La bimba con il gatto mi ha ricordato la Germana Lonati, la tempera del 1923, della collezione Regione Sardegna.
Mi dirai, cosa c’entra tutto questo con me?
Leggendo del tuo riferimento a Moretti, mi è tornato in mente che avevo appena visitato Villa Argentina e ho associato le cose. E poi, mi pare di ricordare che qualche anno fa hai realizzato un progetto su Biasi, un libro didattico.
In realtà le cose che so del tuo lavoro attuale sono poche, come vedi faccio spesso riferimento a mostre o situazioni che ti legano alla Sardegna, mi farebbe piacere sapere di più sulla tua attività milanese, di cui non so assolutamente nulla, magari nella prossima lettera potresti raccontarmi qualcosa.
La prossima settimana lascerò il blog in stand by. Riprenderò a occuparmene dopo Natale.

Ti auguro, quindi, buone feste.

Giuseppe Biasi, Matrimonio Persiano, 1930, dipinto su tela,
Villa Argentina, Viareggio.
L'impianto decorativo del salone delle feste,
arabeschi in stucco dorati e specchi sono di Galileo Chini

Giuseppe Biasi, , Matrimoni persiano, 1930, dipinto su tela, dettaglio.
Villa Argentina, Viareggio


Ciao Anna Rita, ricambio subito gli auguri!
Dei site specific di Biasi mi piace molto il lavoro alla stazione ferroviaria di Tempio, il modo in cui i dipinti sono tagliati per seguire porte e finestre... Mi fa pensare alla Maestà di Lippo Memmi, a San Gimignano, attraversata da due porte, la definirei una sublime domesticità. In effetti la Maestà e la stazione tempiese oltre ai tagli hanno in comune anche il tipo di rivestimento delle pareti.

Milano è una città che ha molte identità date anche dalla volontà di architetti diversi di imprimere in modo incisivo uno stile di vita a volte quasi opposto al precedente, di conseguenza sono molti gli stimoli formali e culturali. Alcuni temi sono quindi entrati naturalmente nella mia ricerca, tra tutti quello del lavoro e il suo naturale conflitto con la sfera privata. Questi temi li ho sviluppati principalmente nel biennio 2012/2013, a partire dalla mostra a Villa Litta, nella quale con due interventi minimi ho reso lo svolgersi negli anni della vita di una famiglia, trasformando la cappella affrescata in ambiente di studio e usando il camino monumentale come supporto informale per alcuni ritratti di cani che ho "commissionato" ad amici artisti, come fossero gli animali domestici succedutisi negli anni, creando quindi un rapporto con il parco. Il giardino romantico ha perso nelle vicissitudini storiche la sua forma, per essere oggi un vasto prato all'inglese con pochi alberi maestosi. In un progetto successivo ho immaginato di evocarne la forma e le tappe, con una serie di elementi che costituiscono un elenco freddo delle parti che avrebbero potuto comporlo, dal gazebo alla grotta artificiale, contrapponendo alla distanza dell'inventario il calore e l'emozione che potevano suscitare questi luoghi d'incontro. 
Dopo questa serie di opere dedicate alla "villa", ho realizzato una mostra che racconta uno spazio di lavoro, ed aveva come sede The workbench, a Milano, un ex laboratorio orafo convertito all'arte contemporanea mantenendo alcuni macchinari. Ho scelto di rappresentare quel momento della giornata in cui l'attività si ferma e le persone, fisicamente sollevate, possono ritornare alle aspirazioni e al sogno. 
A questo tema, soprattutto nei suoi tratti umanistici, sono tornato da qualche settimana. In uno dei quaderni di Gramsci, il numero 13, quello sul Principe di Machiavelli, la possibilità di trasformare se stessi e il mondo con consapevolezza e forza mitopoietica investe con particolare energia il lettore. Sto lavorando ad un progetto in cui in una chiave romantica un ragazzo è trasfigurato - o spera di esserlo - dalla lettura di questo quaderno. 

Alfredo Jaar, che a Gramsci ha dedicato tanta parte della sua produzione, ha detto che L'arte cambia il mondo una persona alla volta, ed io di entrambi mi fido molto.

Stefano Serusi. Parte della famiglia, 2012. Particolare dell'installazione

Stefano Serusi. Piano di Scrittura, 2012. Ottone dorato, granito verde, onice turco, cm. 83,5x80x170

Stefano Serusi. Gazebo, 2012. Legno, raccordi metallici, cm. 190x167x18,5

Stefano Serusi. Grotta artificiale, Parterre geometrico, False rovine, Laghetto artificiale, Giardino d'inverno, 2012. Legno, stampe applicate, 5 elementi da cm. 39x130x4




Dove trovare Stefano Serusi:
http://stefanoserusi.blogspot.it/

Lettere:
Corrispondenze- Stefano Serusi 01/12/2014
Corrispondenze - Stefano Serusi 07/12/2014
Corrispondenze - Stefano Serusi 11/12/14
Corrispondenze - Stefano Serusi 14/12/14
Corrispondenze- Stefano Serusi 02/01/2015
Corrispondenze - Stefano Serusi 07/02/2015


Correlati:


CONTEMPORANEAMENTE, 10  Giornata del Contemporaneo, 2014




Nessun commento:

Posta un commento