venerdì 17 luglio 2015

CARrico MAssimo - EASTanbul WESTanbul di Babi Badalov

Dopo aver visto l'ultima esposizione negli spazi degli ex Magazzini Generali, colgo l’occasione per raccontare in sintesi l'attività espositiva di CARico MAssimo, associazione attiva a Livorno dal 2012. Tutti i progetti nascono e si sviluppano in rapporto allo spazio espositivo, caratterizzato fortemente dalla sua storia, che diventa molto spesso parte integrante del discorso.
Colin Darke, Gli dei partono, 2012
L’esordio avviene nel 2012 con una performance istallativa Gli dei partono (il video) di Colin Darke, artista irlandese che dell’impegno civile e politico ha fatto materia della sua ricerca. Di questo lavoro abbiamo parlato con Gabriele Morleo nell'intervista pubblicata sul blog, lo scorso mese.
L’idea fondante dell'associazione, cioè che artisti presentino altri artisti, prosegue nel 2013 con un importante omaggio a Gianfranco Barruchello con Perdita di qualità - perdita di identità. A partire da una serie di documenti, custoditi per quasi un secolo all’interno dell’Archivio di Stato (di persone che probabilmente sono state coinvolte in operazioni di sorveglianza da parte della polizia per motivi politici) e che il tempo ha sottoposto a deterioramento, Barruchello restituisce memoria e oppone all’oblio la presenza.

Paolo Baratella,
Sarà una risata che Vi/Ci seppellirà…, 2015
Nell’ultimo anno si sono aggiunte diverse mostre, le più interessanti, differenti per storia e coinvolgimento del pubblico, sono state Statement di Luca Pozzi, e Sarà una risata che Vi/Ci seppellirà… di Paolo Baratella in doppia esposizione, in una collaborazione già sperimentata, con Galleria 21.
Di Baratella sono state esposte le grandi tele di Vorrei e non vorrei 1982-84, una monumentale dipinto exempla di una pittura come esperienza, immersione in un ambiente che ricorda una visione barocca.

Luca Pozzi, Statement, 2015
Statement di Luca Pozzi è una operazione a doppio livello: da una parte il trailer video realizzato in collaborazione con Marco Bagni, condiviso sui social in www.lucapozzi.com come strumento di promozione del progetto, dall’altra l’installazione più video di The Big Jump Teory [0-137.200.000.015] composta di tre sculture magnetizzate e altrettante animazioni 3D proiettate nello spazio.
Ispiratosi alla gravità quantistica a loop, Pozzi immagina, invece della teoria comunemente accettata del Big Bang, un grande salto prodotto da una scarpa da tennis stilizzata che produce la nascita, lo sviluppo e la morte di un nuovo universo.

Babi Badalov,  EASTanbul WESTanbul, 2015


L'ultima esposizione, EASTanbul WESTanbul di Babi Badalov è un lavoro progettato appositamente per questo spazio, strettamente 
connesso alla sua biografia e alla sua condizione di apolide.
Nato a Lerik in Azerbaijan, Badalov vive attualmente a Parigi. Attraverso la sovrapposizione di personale e politico restituisce sul campo dell’arte contemporanea, come materia artistica, proprio questa sua condizione di senza cittadinanza. Costruisce apparati visivi, secondo una struttura aperta fatta di giochi di parole e calembour. Differenti lingue rappresentate dai caratteri grafici che le raffigurano: cirillico, arabo, farsi e latino fanno parte della sua personale biografia e rimandano al paese d’origine, ai paesi dove ha vissuto, la cultura di
Babi Badalov, EASTanbul WESTanbul, 2015
appartenenza e quella nella quale oggi si muove. Calligrafie e lingue come cerniera tra oriente e occidente, tra post comunismo e neo capitalismo, tra liberalismo e ortodossia, come incarnazione di un mondo.  EASTanbul WESTanbul è la costruzione visiva di un paradosso linguistico fatto di slogan tratti dalla attualità politica, dalla cronaca, del gossip, dal linguaggio della corruzione, dall’economia contrapposti al linguaggio sofisticato della poesia e dell’arte che, articolata su più livelli di senso, si allontana dalla didascalia e dalla semplificazione del presente a tutti i costi. E’ l’incarnazione di un mondo tra comunicazione e rappresentazione.


Molti artisti contemporanei, provenienti da culture che negano la raffigurazione umana, che per secoli hanno espresso con la parola scritta l’aspetto visivo del mondo, scelgono come linguaggio questo tipo di operazioni unendo a biografia, politica, l'utilizzo del proprio corpo. Penso a David Liver, a Shirin Neshat. Ognuno di loro percorre i personali sentieri culturali e politici lasciando lo spettatore a chiedersi: Che linguaggio è? Cosa mi vuole dire?
Frammenti di significato, ritagliati da diversi contesti, spezzoni di lingue, che annullando il significato logico della sintassi linguistica moltiplicano tutti gli altri livelli di senso.
Badalov rappresenta attraverso il suo corpo, nello spazio della parola, il nostro presente.
ARC

correlati
Conversazione con Gabriele Morleo

Conversazione con Federico Cavallini