Caro Stefano,
dopo la pausa natalizia eccomi ancora qui.
Ritornando agli argomento con cui ci siamo lasciati, posso dire che la
stazione ferroviaria di Tempio è un piccolo gioiello, nei decori e e nelle
strutture lignee.
Biasi ha sicuramente dato prova di essere perfettamente nel suo tempo, in
buona pace di chi insegue sempre il luogo comune dell’ultima nuova invenzione e
polemizza su attardamenti e vecchiume.
C’è ben altro vecchiume nelle nuove accademie, alcuni ritrattisti
resteranno nella cronaca certamente, ma a quale scopo intellettuale?
Tempio, Stazione ferroviaria. Telegrafo e Biglietti. |
Uno degli aspetti che più mi colpisce di certi case e palazzi del Duecento
e Trecento, riguarda l’essere riusciti a mantenere una certa sobrietà
provinciale, aver resistito al Rinascimento ridondante, carnoso del
Cinquecento fiorentino o romano. Quando ritrovo intatto, o quasi, il Medioevo
rimango stupita e affascinata, felice che enormi natiche, capelli al vento,
muscoli poderosi non abbiano corrotto eleganti vesti decorate, angeli che
sembrano usciti da una stampa giapponese, Madonne simili a divinità indiane con
gli occhi a mandorla. Ti mando due foto del trecentesco fiorentino Palazzo
Davanzati, musealizzato da più di mezzo secolo, con tuti i limiti
dell’invenzione. Purtroppo, le mie foto non rendono la pulita bellezza
dell’architetture e dei decori, non quando vederli dal vivo.
Agli artisti e poeti di quel tempo, soprattutto ai senesi e sicuramente a
se stesso, vent’anni fa Mario Luzi ha dedicato un poema bellissimo Viaggio terrestre e celeste di Simone
Martini.
Nel poema Simone Martini ritorna - accompagnato da suo fratello Donato, la
moglie di lui Giovanna e sua moglie, Giovanna anche lei, sorella di Lippo Memmi
- nel suo ultimo viaggio a Siena da Avignone, dopo un itinerario che l’ha
condotto a conoscere la nuova arte, quella fiorentina specialmente, che
proponeva una dimensione potente e diversa dalla pittura sottilissima e
luminosamente raffinata, che è propria dell’arte senese del Trecento. Simone
sente la necessità di portare a sintesi il rapporto tra l’arte e l’artista, fra
la terra e il cielo, le parole e il silenzio, tra ciò che si è detto ( dipinto
e scritto) e ciò che invece rimane inesprimibile. Simone Martini e Luzi
coincidono e si confondono nel travaglio.
Ecco ti propongo due poesie tra
quelle che più di altre pongono al centro l’atto materiale del dipingere e i
mediocri incidenti del quotidiano, la magnificenza del soggetto e della
pittura, e le debolezze della modella: Giovanna.
Ma ora s’ammanta
di tutto l’azzurro
lei, fanciulla. S’introna, s’inaugusta
di limpida maestà.
Subito
a lei s’affronta
ma da più alto luogo,
alata, una figura.
E’ l’angelo, è l’annunzio.
S’incendia l’aria il visibile.
Giovanna nella calura si
assopisce.
Oh lui dipingerà: dopo, nel tempo giusto.
Giovanna accovacciata
nella
pausa
Sotto il masso, con gli occhi
al suo già lungo tempo, sembra, fissi,
ad un corso tortuoso
di riviera a fondovalle
o tesi ad annullarlo il tempo
e il luogo, e ogni fine possibile
cominciamento.
La include, presagisce, in sé quell’attimo,
la ingemma nella mandorla di un perpetuante
mito...
in Mario Luzi, “Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, Garzanti, Milano,1994
Firenze, Palazzo Davanzati |
Mi pare che questo sia comunque per te un lavoro che
ha radici più lontane, anche se il “principe” che ritraevi qualche anno fa
aveva tutt’altra accezione. Forse sovrappongo ricordi, c’è un tuo lavoro sulla
follia del “principe”, poi leggo le pagine sul Principe di Macchiavelli di
Gramsci e si va in tutt’altra direzione: “Il Principe prende il posto, nelle
coscienze, delle divinità e dell’imperativo categorico, diventa la base di un
laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i
rapporti di costume.”
Mi piacerebbe approfondire.
A.R.
Ciao Anna Rita,
ti devo dire che anche io amo quegli ambienti un po' severi, e quando
visito certi palazzi mi chiedo proprio come te quale possa essere stata
l'impressione di chi li ha abitati nei secoli successivi. Credo si possa
trovare nella loro frugalità uno stile profondamente italiano, del resto anche
l'architettura di Bramante o di un certo Palladio ai contemporanei poteva
sembrare spoglia, e lo era proprio perché nasceva da quella romana antica
spogliata, appunto, da furti e riusi, dei suoi ornamenti più preziosi. Anche il
Palazzo Ducale ad Urbino mantiene questo senso di misura, e certe sale
disadorne fanno pensare all'uso raro e cerimoniale degli arazzi.
Il discorso sul laicismo nel quaderno 13 - più che altrove - è
strettamente legato a Machiavelli, che riferiva la necessità per il Principe di
attenersi formalmente alla religione del suo popolo, mentre Gramsci propone che
lo Stato stesso plasmi organicamente la propria religione civile, con un
immaginario e degli ideali propri, quindi non presi in prestito da un credo
secolarizzato allo scopo.
Il mio progetto del 2008, che si intitolava Wintergarten, non riguardava
la nevrosi del potere, si riferiva al contrario a personaggi inermi come Enrico
IV di Pirandello, un malato che crede di essere un re medievale, per il quale
la sorella devota ha fatto costruire una scenografia ed una corte fasulla, una
cura contrapposta a quella propriamente ospedaliera, da me rappresentata
dall'omologazione delle piante all'interno di una serra.
In questo senso posso dire che
Wintergarten e il mio progetto attuale sul "nuovo Principe" siano
speculari, c'è il pretesto per rileggere il mondo attraverso forme da
sovrapporre o accostare a quelle esistenti, tra l'altro con un simbolo in
comune, la corona: da una parte quella consolatoria data al folle, dall'altra
la corona d'alloro del letterato, dell'eroe. Il Principe gramsciano, a scanso
di equivoci, non è più un singolo ma un partito.Tra un paio di settimane ti
potrò mostrare qualcosa di più.
A proposito della costruzione di un
immaginario che possa condizionare dei comportamenti, da un po' di tempo faccio
confluire il mio archivio su questo tema in un blog che prende il nome da un
principe etrusco, Vel Saties (http://velsaties.blogspot.it/).
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Wintergarten, 2008. Stampa su carta blue back, ferro e vetro reticolare, dim. ambiente. |
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Stefano Serusi. Wintergarten, 2008. Stendardi in lana da coperte ospedaliere, dimensione ambiente. |
Dove trovare Stefano Serusi:
Lettere:
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