lunedì 9 febbraio 2015

Corrispondenze - Stefano Serusi 07/02/2015

Gian Lorenzo Bernini, David, 1623-24, dettaglio
Caro Stefano,
scusa il ritardo con cui rispondo alla tua ultima lettera, ma l’eccesso di parole e di visivo hanno prodotto in me uno strano sintomo di rifiuto verso qualsiasi immagine, verso qualsiasi riflessione che non fosse il quotidiano andamento delle cose.
Per disintossicarmi, stranamente, ho dovuto immergermi nella moltitudine del Barocco Romano.
Dopo l’abbuffata bulimica in un fine settimana tra Borromini, Bernini, Caravaggio e chi ne ha più ne metta, mi ripulisco con il sublime del contemporaneo.
Il discorso di Gramsci sul principe-partito è quanto meno attuale, altrettanto quello riguardante il laicismo.
Ho lasciato passare del tempo prima di riprendere la nostra conversazione, perché i temi di cui ti stai occupando richiedono riflessione, ponderatezza.
Ho visto le foto dal video di Quaderno 13, spero di poter vedere anche il video. http://stefanoserusi.blogspot.it/2015/02/stefano-serusi_4.html
Trovo molto interessante che “il ragazzo” rappresentato non abbia le tue fattezze (ne abbiamo parlato). Avevi ragione sul superamento dell’auto-rappresentazione.
Ho riflettuto su quanto ci siamo detti a proposito dell’immagine dell’artista, della riconoscibilità del volto, della sua riconoscibilità nelle fattezze fisiche e sono arrivata alla conclusione sia necessario superare se stessi, arrivare all’altro nella forma e nel contenuto. La bulimia barocca mi è servita.
Alcune casualità quotidiane, banalità del vivere rendono possibile lo scaturire di idee, altrettanto evocative visioni su cui costruire narrazioni.
Il testo introduttivo al libro di Lorena Carboni (che mi ha fatto leggere, al di fuori del nostro carteggio) è stato per me illuminate. Ho potuto mettere insieme elementi, per me sfuggenti, sul tuo percorso progettuale, un filo che lega le tue opere sin dalle prime performance.
Confesso che ho spesso difficoltà a cogliere ciò che di più profondo si annida in un opera, a volte non so andare al di là della pelle, dell’estetico. Mi metto nei panni di chi non ha ancora elaborato il lutto del divorzio tra estetico e artistico, che il Moderno ha prodotto e che il Contemporaneo vive nella contraddizione più caotica e non capisco come possa sopravvivere. Andare oltre la pelle del bello, “immaginare qualcosa a partire da ciò che non è ancora accaduto”, invece che cercare tra le pieghe del passato una giustificazione al presente, è cosa assai complessa.
Ti dico questo perché, è inevitabile, per me, guardare al tuo “ragazzo” del Quaderno 13 senza il velo di un “David” esistente e cercare nel “è stato” una comprensione del “sarà”.
In questa mia nebbia, mi viene in soccorso il testo introduttivo al libro di Lorena Carboni.
Ci sono delle assonanze tra la raffigurazione del personaggio “principe-ragazzo” nelle foto del Quaderno 13 con “il ragazzo” citato nell’introduzione. Il personaggio de “il ragazzo”, a cui fai riferimento nel testo, è qui nel Quaderno 13 raffigurato nella sua azione in potenza “irradia una luce volutamente flebile su ciò che la circonda, nella convinzione forse che l’azione comporti una forma di giudizio sulle cose”.
Miagolo nel buio. Ho sempre più forte la sensazione che il senso vero di un’opera mi sfugga e, provo una profonda frustrazione.
A presto.

ARC


Stefano Serusi. Il quaderno 13, 2015. Video 13' 21''


Ciao Anna Rita,
nel constatare che le tue deduzioni sono sempre pertinenti, mi stupisce il tuo disagio rispetto all'uso - per te evidentemente naturale - di un codice non esclusivamente razionale, ma emotivo, empatico. Se mi capita di avere, rispetto all'arte "sublime", un disagio, non è per valori artistici oggi mutati ma al contrario per come vedo l'arte di ogni epoca eccessivamente musealizzata, soffocata. Mi hai fatto pensare quanto il David di Bernini (rispetto a quello michelangiolesco) sia un autoritratto, quello di un uomo giovane in una società profondamente malata, decadente, quale la Roma seicentesca, alla quale l'artista sceglie comunque di dare le sue migliori energie. Forse Bernini dovrebbe stare in un museo moderno, e non fra altri marmi che attorno definiscono stipiti e pavimenti. La Pietà Rondanini a Milano è esposta in un'abside di cemento che mi ha sempre fatto pensare alla volontà degli architetti, i BBPR, di evocare un bunker, nell'età del "miracolo economico" già così lontana dalle ristrettezze della guerra...
In merito alla collaborazione con Lorena Carboni per la raccolta "La mia sola casa", che sarà pubblicata tra poco,come anticipi, oltre alle immagini ho scritto anche un'introduzione, il che è raro per un artista. Questo ulteriore contributo è nato perché quando ho letto i testi ho ritrovato in chi racconta in prima persona molti caratteri della figura del "ragazzo" che ricorre nel mio lavoro, una figura che senza giudizio ci riporta ciò che vede, ma della quale non conosciamo mai il ruolo effettivamente agito nella realtà. Lorena negli ultimi anni ha contribuito molto al mio lavoro, direttamente e indirettamente, facendomi avvicinare dal punto di vista intellettuale e persino tecnico alla poesia, e al suo rapporto con altre forme espressive d'ambito umanistico (una necessità di ampliamento, o meglio di completezza, che un artista dovrebbe fare propria).
Concludo con alcuni versi tratti da "La mia sola casa":


Stefano Serusi. Litorale, 2015.
 Immagine per la raccolta poetica La mia sola casa





Sembra resuscitare il d’Aquila
intero, ogni mattina,
per impulso della stessa memoria interna
distrugge e rifà le mura al Lido.
Riproduce la stessa estate.
Nella dolcezza genera i corpi
fatti di quella materia che si abbandona così,
elasticamente, all’erosione.












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